Expo 2015: successo o disfatta? Luci e ombre sull’evento milanese

di Stefano Bertocchi, studente del Master in Giornalismo e Giornalismo Radiotelevisivo


Nutrire il pianeta, energia per la vita: è con questo slogan che il delicato tema del cibo sbarca a Milano, in occasione di Expo 2015. Dal 1 maggio al 31 ottobre è stato possibile girare il mondo ed apprezzarne le sue particolarità culinarie e tradizioni. Una carrellata di dolci felicitazioni mischiate a spigolose polemiche, hanno però fatto da contorno a questo, apparentemente, splendido piatto. C’è, infatti, chi sostiene che l’evento sia stato un assoluto trionfo per l’Italia; viceversa, c’è chi considera la manifestazione un evidente flop per il Belpaese. Ma perché qualcuno riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno mentre altri riescono ad intravvederne solo la vuota metà?

PRO-EXPO e NO-Expo

I numeri incarnano le prepotenti dimensioni dell’Esposizione Universale: 110 ettari di terreno nel nord-ovest del capoluogo lombardo hanno ospitato 145 Paesi, 3 organizzazioni sovranazionali (Onu, Ue, Comunità Caraibica) e 17 organizzazioni civili (tra le quali Save the Children, Wwf, Caritas). L’importante mole dell’evento ha spaccato in due l’opinione pubblica, sviluppando due fazioni distinte: i Pro-Expo ed i No-Expo.

I primi fanno leva sull’elevata affluenza all’evento e sulla sua particolarità. Tramite il suo sito ufficiale, Expo ha evidenziato a più riprese l’importanza dei circa 20 milioni di visitatori giunti per assaporare la bontà dell’evento. Innegabile che Milano abbia beneficiato della sua organizzazione.

Diametralmente opposta la visione dei No-Expo. In primis, perché la stessa organizzazione dell’avvenimento ha sollevato un polverone di dubbi: corruzione, appalti truccati e numerosi arresti hanno immerso Expo nel mare delle critiche ancor prima che l’evento avesse effettivamente inizio. Inoltre, anche la presenza di numerose multinazionali non è stata vista positivamente dal movimento: Coca-Cola, McDonald’s, Nestlé, Eni ed Enel i principali bersagli della critica.

La polemica cavalca, poi, l’onda dei costi e l’area utilizzata: per la costruzione del sito pare siano stati spesi 1 miliardo e 200 milioni, a cui si aggiungono costi extra per una cinquantina di milioni. Per la gestione sono stati investiti 960 milioni, mentre i terreni sono costati ben 160 milioni. Cifra totale: 2,4 miliardi di euro circa. Gli introiti saranno più alti delle spese? E i famosi 110 ettari saranno riqualificati o abbandonati?

Anche la classe giovanile ha avuto pareri contrastanti riguardo Expo. Una parte ha visto nell’organizzazione dell’evento la possibilità di un posto di lavoro e la garanzia di uno stipendio. Viceversa, la controparte ha tentato di minare le fondamenta che sorreggono le possibilità lavorative del modello-Expo: impiego a tempo determinato (6 mesi, coincidenti con la durata dell’evento) senza opzione di prolungamento del contratto e bassezza degli stipendi, non hanno fatto altro che accentuare, secondo questa frangia di pensiero, il fenomeno del precariato tra i giovani.

La domanda sorge spontanea: Expo è stato un successo o una disfatta?

Per avere delle delucidazioni in merito bisognerebbe partire dai bilanci ufficiali (non ancora pubblicati) delle spese e degli introiti, in modo tale da poter tracciare un bilancio prettamente economico dell’evento. In questo primo caso si otterrebbe una conferma oggettiva, positiva o negativa che sia, messa nero su bianco e riconosciuta dalla generalità.

Ma c’è un altro punto che non deve essere assolutamente abbandonato a sé stesso: il valore etico e morale. Expo è stato davvero un motivo di rilancio nazionale? Oppure gli scandali ed i limiti che sono stati messi in luce hanno rappresentato l’ennesimo contraccolpo psicologico alla serietà tricolore?

In quest’altro caso, invece, il giudizio sarà puramente soggettivo.