Dalla comunicazione di crisi al Public Speaking – 5 weekend Master Politico Eidos 2017

Siamo giunti al quinto weekend del Master in Consulenza Politica e Marketing elettorale di Eidos. Ormai l’ambiente è familiare, ci conosciamo tutti e, diciamolo, in fondo ci sentiamo come in una classe di amici.

La lezione del sabato la iniziamo con Umberto Febbraro, esperto di comunicazione di crisi, che ha lavorato per diverse importanti istituzioni. Febbraro ci ha chiarito che è fondamentale chiedersi, prima di ogni altra cosa, qual è l’obiettivo dell’organizzazione per cui lavoriamo. Per capire chi ho di fronte e quali sono i suoi obiettivi devo essere innanzitutto orientato all’ascolto. Da qui devo capire in che modo un’attenta e pianificata strategia di comunicazione può essere utile a supportare gli obiettivi dell’organizzazione, sia interni che esterni.

Sulla base dei trend e degli obiettivi del nostro cliente dobbiamo andare a realizzare una SWOT analysis, per valutare opportunità e minacce (esterne) e punti di forza e di debolezza (interni). Subito dopo andremo a individuare gli stakeholder del nostro cliente e i pubblico più generico intorno ad essi. È importante poi definire le issue, i temi su cui andremo a dibattere. Ultimo, ma non per importanza, la definizione del messaggio, ovvero il modo con cui entreremo in relazione con i nostri stakeholder. Deve essere familiare e credibile per chi lo riceve.

Dopo la definizione della strategia abbiamo ripassato un po’ di teoria della comunicazione con i quattro modelli di Gruning per poi concentrarci sul crisis management. Innanzitutto abbiamo capito cos’è una crisi, ovvero un fattore non previsto che danneggia la mia reputazione o quella del mio cliente.

 

Per essere definita crisi un’emergenza deve avere questi quattro fattori:

  • L’eccezionalità

  • La grande rilevanza e visibilità

  • Il bisogno di immediata azione e necessità di risposta

  • L’impossibilità di controllo da parte dell’organizzazione

 

Le fasi per gestirla sono:

  1. Analisi e monitoraggio del rischio

  2. Prevenzione e preparazione

  3. Gestione dell’emergenza

  4. Gestire il dopo crisi

 

Nel pomeriggio, dopo un leggero pranzo e una breve passeggiata nella vicina piazza, siamo tornati in aula con Nicola Bonaccini per parlare di public speaking.

In particolare abbiamo analizzato le fasi per costruire un discorso efficace. La prima regola è quella di iniziare sempre con atteggiamenti e modi bassi per poi crescere, fino ad arrivare alla motivazione più alta da esporre nel finale. Nell’apertura il nostro obiettivo è quello di creare aspettativa, per catturare l’interesse e l’attenzione del pubblico. È la fase dell’empatia, quella in cui ci si deve sintonizzare con il proprio pubblico. La seconda fase è quella dell’intelligenza. È la fase centrale del discorso retorico dove si spiegano il programma e le idee. La conclusione è detta fase della volontà. È quella fase in cui motiviamo il nostro pubblico all’azione.

La comunicazione si svolge su due piani: il piano della relazione (contenitore) e piano del contenuto. I quali, per essere efficaci, devono essere congruenti. La lezione sul public speaking è continuata per tutta la giornata di domenica. Abbiamo analizzato i tre piani della comunicazione: quello verbale, quello non verbale e quello paraverbale.

Il piano verbale è il contenuto, quello che diciamo. È costituito da sintassi, ovvero la costruzione della frase, semantica, il senso delle parole e pragmatica, ovvero l’analisi della conseguenza delle parole. I consigli di Bonaccini sono stati quelli di adattare il linguaggio a quello del pubblico e soprattutto essere sintetici e usare frasi chiare e brevi. Per essere efficaci dobbiamo esprimere un concetto alla volta, una frase alla volta, un pezzo alla volta.

Poi siamo passati al piano non verbale. Circa lo sguardo il consiglio è stato quello di guardare tutti 2-3 secondi, evitando accuratamente lo scanning, ovvero gli sguardi sul pubblico generici che non incrociano gli occhi degli altri. Se abbiamo di fronte centinaia di persone dovremmo cercare di guardare per blocchi, soprattutto verso il fondo. All’interno del piano non verbale rientra anche il discorso sulla gestualità.

 

 

È davvero utile gesticolare durante un discorso in pubblico? La risposta è sì. I gesti di sicuro aiutano. Una delle regole in questo caso è quella delle mani, che si devono vedere sempre, meglio se mostriamo anche i palmi della mano al pubblico, è segno di trasparenza e onestà. I piedi invece devono essere ben piantati a terra, in modo da essere sinonimo di sicurezza. Altro consiglio è quello id parlare senza fretta, rispettando le pause e non avendo paura delle domande. La postura è un altro aspetto da non sottovalutare. Dovremmo avere sempre la schiena dritta, con le spalle aperte e i piedi paralleli.

 

L’ultimo argomento della giornata è stata l’analisi del piano paraverbale, costituito da timbro, volume e ritmo della voce. In questo caso una prima regola è quella di cercare di mitigare il più possibile l’impressione dialettale. Per quanto riguarda il tono di voce è importante fare pause, anche molte, in modo da attirare l’attenzione sulle parti del discorso più importanti. Altro consiglio è quello di tenere un tono non costante, il più possibile vario, in modo da tenere sempre “sveglia” la platea ed evitare cali di concentrazione.

 

Con questa utile lezione si è concluso anche il quinto weekend. Le conoscenze iniziano a farsi importanti e, rimettendo a posto gli appunti delle ultime lezioni, non vediamo l’ora di affrontare i weekend rimanenti con il massimo dell’entusiasmo e della passione.