Se le campagne elettorali si vincono coi meme

La politica sta diventando “memetica”, ovvero “ipnotica”: un fenomeno in corso da qualche anno e di cui si stanno iniziando ad interessare anche le principali istituzioni di studio internazionali. L'origine del termine “meme” che solitamente identifica le immagini divertenti, virali o ripetitive che si diffondono sui social network è nota: è stato Richard Dawkins ne “Il gene egoista” a definire la unità culturale minima progettata e nelle condizioni di ripetersi all'infinito all'interno della struttura cerebrale umana. Dalle immagini divertenti ai video satirici, dalle slide fatte con Paint alle più complesse elaborazioni, l'ipnotismo per immagini è un fatto nella comunicazione politica odierna. 

 

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“La politica digitale va presa seriamente”, spiega un intervento sulla prestigiosa London School of Economics and Political Science: la comunicazione politica contemporanea e prevalentemente per immagini, sostengono gli studiosi inglesi, non attecchisce sul piano razionale del discorso umano, ma su quello emotivo/emozionale. Fa ridere, fa indignare, fa pensare senza che il cervello abbia tempo di alzare le sue barriere difensive: per questo è così efficace e, sostengono alcuni, pericolosa. Può più un'immagine virale, uno scherzo che vuole passarti un messaggio di tanti lunghissimi testi di policymaking; un ulteriore ostacolo per chi analizza questi fenomeni è partire dal presupposto che i memi, o i contenuti virali ipnotici, si costruiscono, solidificano e poi diffondono all'interno di comunità chiuse, gruppi facebook o altri artigianalissimi “think-tank” del pensiero: situazioni informali di cui è importante studiare la grammatica e i meccanismi di replicazione. 

 


Un meme politico

 

Lo dimostra il caso di Pepe la Rana: un meme nato innocuo che rappresenta una rana verde antropomorfa, in giro almeno dal 2005; nel 2016, durante la campagna elettorale per la presidenza Trump, Pepe è stato letteralmente “adottato” dal movimento neoconservatore statunitense, fino a che lo stesso Donald Trump non ha retweetato la simpatica icona. 

Da quel momento, Pepe è stato “avocato” dalla alt-right americana, che l'ha trasformata in un'icona del nazionalismo bianco a stelle e strisce; lo stesso autore che originariamente disegnò la ranocchia, Matt Furie, arrivò a dissociarsi completamente dall'utilizzo che se ne stava facendo: ogni attivista di estrema destra americano aveva iniziato ad usare Pepe the Frog per i suoi manifesti o immagini meme, ma “io non posso controllare questa faccenda come nessuno può controllare le rane su internet”, disse Furie. La memeficazione della comunicazione politica è dunque una realtà, con cui gli studiosi devono fare i conti; sostiene infatti la Londol School of Economics: “Serve ovviamente un dibattito sul potenziale democratico della politica memeficata. Ma perché sia un dibattito utile e beninformato, abbiamo bisogno di un'analisi accademica dettagliata dei differenti aspetti di questo fenomeno”. 

 

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